strategia di uscita #poesia

ti parlo e ore vanno
ti tocco
con brividi impercettibili
scivolano veloci,
a volte strillano acute
a volte affogano nel vapore
ma è il sorriso che gela
ai lati della bocca
ed è come il cielo
appartiene al cuore
non alle stelle.

Ti rigiri nel sonno,
forse un sogno con poca luce
lievita notte nell’insonnia.
chissà se avrò il coraggio di sorriderti
mentre mi guardi morire.

ciao, ciao
ciao. sei contenta che son tornato a casa?
ma un giorno o l’altro ti lascerò
anima mia per sempre
per stanchezza di vecchio
per paura di perderti
o perché sarò morto
ma mai per gelosia
l’amore va condiviso.

piazza grande è tutta luce
il gallo ha cantato
e la città è allibita,
la luce indossa i guanti
mentre dipinge le rondini
con l’inchiostro,
seduto in cucina se penso a te
ammetto che le grandi cose
le abbiamo tenute
sempre in tasca
senza fargli mai conoscere
gli abbracci
e a cena ora
siamo due cicale morte.

il pomeriggio è sereno
al crepuscolo la nebbia delle campagne
ha oramai l’aria dei colori sul trapasso
questo giallo bagnato dall’autunno
è lo stupore del tempo
ma forse è solo l’urlo della menta
che sfiorisce ugualmente
allo svelare dell’indifferenza del male.

Ignara cammi circospetta
mi vedi seduto accanto al vuoto
pigramente addormentato
e un sorriso lampeggia
dalle tue labbra.

I tuoi capelli nell’aria
mettono in scena
un intero balletto
singhiozzano
si distendono
e si ritirano nel vento
danzano spietati
per uno sconosciuto

ma non questa volta, non ancora
il cuore ha paura
perderti sarebbe l’ultima delle sventure,

un arcobaleno si alza
silenzioso
ha ragione ad avere nostalgia
il temporale dura ancora ma finge, trafigge la tela che conosco
ma alla fine sei partita
è caduto un silenzio
freddo, necessario
vìola l’ozio
trascinandoci lentamente
perché capissimo
che non c’è un addio per noi

non c’è più tempo per fermarci
il cielo si arrossa
invano vuole sopraffare.
Il boschetto,
in ritardo all’arrivo dell’inverno
non ha modo di resistergli
ha solo il desiderio di resisterci
e capisco
noi siamo il caso lui la necessità.

Non lo sopporto l’inverno
le persone non si parlano più.
È necessario parlare,
anche quando le idee si fanno confuse
e chissenefrega dell’orgoglio
ma se è il nefasto effetto dell’assenza
se fossimo ancora capaci di scrivere
basterebbe una breve lettera.

Scendo le scale,
mi cerca il citofono
in un secondo sarò disperso
senza volere sapere
chi m’offre il perdono,

sono passate le due,
finita è la nostra corsa nel silenzio.
Smonto da cavallo
l’unico che ancora mi accompagna
nelle notti fucsia,
selvaggio come un raggio di sole
sogna ancora la libertà
ma non tira più la carretta
e su le spalle ora ha solo formiche
era necessario un addio
ma al banchetto di commiato
non ci saremo

ad eccezione di questo
in ogni giorno ne vive un altro
di maggiore spavento
e questo, a saperlo
già non si muove come prima.

Ora versa altro vino
è breve la speranza

Livio Cotrozzi ©2021

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